giovedì 29 aprile 2010

Cosa vedrete domani all'Ultima Parola: ecco il comunicato ufficiale.

La crisi della Grecia e del Portogallo cambierà nuovamente gli scenari
economici e finanziari dei mercati. In Europa tornano alla ribalta i
nazionalismi. In Italia Fini litiga con la Lega e si preoccupa solo
degli equilibri interni al suo partito. E il CGIL non raccoglie la
sfida della modernità. Alla vigilia del concerto del 1° maggio la
musica non sarà più la stessa.

Gianluigi Paragone ne parlerà con diversi ospiti nella puntata di
domani de “L'ULTIMA PAROLA.”, in onda alle ore 23.10 su Raidue, dal
titolo “TRAGEDIA GRECA”. In studio: Debora Serracchiani, Daniele
Capezzone, Oscar Giannino e Giorgio Guerini (Presidente nazionale di
Confartigianato).

Durante la puntata interviste esclusive al Ministro del Lavoro e delle
Politiche Sociali MAURIZIO SACCONI e all’ex Presidente della Camera
FAUSTO BERTINOTTI.

In scaletta a “L'ULTIMA PAROLA.”, in onda dagli studi di via Mecenate
del Centro di Produzione Tv Rai di Milano, anche inchieste, servizi, e
il punto di vista di Tommy Calabrese, “Il filosofo della strada”.

“L’ULTIMA PAROLA.” è anche sul web: come di consueto il backstage in
tempo reale dagli studi dell'Ultima Parola su
http://twitter.com/lultimaparola, aggiornamenti, news in diretta,
esclusive videointerviste dedicate al web. Diventate fan dell'Ultima
Parola su Facebook http://bit.ly/lultimaparola e seguite Gianluigi
Paragone http://bit.ly/gianluigiparagone

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Rai, un milione alla "suocera" di Fini - Interni - ilGiornale.it del 28-04-2010

Un lavoro alla «suocera» non si può negare. La «suocera» in questione
è quella di Gianfranco Fini, il presidente della Camera e
secessionista (per poche ore) del Pdl, le cui diatribe con il premier
volano a ricaduta anche sulla Tv di Stato. Bene, l’altro giorno
avevamo scritto che tra i produttori in fibrillazione per la rottura
tra finiani e berlusconiani, temendo ripercussioni, c’era anche
Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini, Elisabetta.

Al «cognato» Tulliani, attraverso un intricato sistema di società, è
riconducibile la realizzazione di una parte di Festa italiana,
programma del pomeriggio condotto da Caterina Balivo su Raiuno, la
rete diretta dal finiano doc Mauro Mazza. Lo spazio si chiama Per
capirti, una sorta di talk dedicato al rapporto tra genitori e figli.
Insomma un piede messo dentro il canale ammiraglio della Rai, un
lavoretto che viene lautamente ricompensato: un milione e mezzo di
euro. Precisamente ottomila euro a puntata per 183 puntate. Tra
l’altro il programma della Balivo la scorsa stagione era realizzato
totalmente all’interno della Rai, mentre quest’anno un pezzetto è
stato appaltato all’esterno senza che ci si guadagnasse in ascolti e
dunque ci fosse una reale resa a fronte dell’investimento economico.

Ieri, il sito Dagospia ha approfondito l’argomento, sciorinando nei
dettagli la matassa intricata dei rapporti tra la società di
produzione e la famiglia Tulliani. In sostanza, nel complicato sistema
di scatole cinesi, la maggioranza della società che produce la
trasmissione, denominata Absolute Television Media (sigla AT Media), è
detenuta da Francesca Frau. E chi è questa signora sconosciuta nel
giro dei produttori che lavorano per la Rai? È la mamma di Elisabetta
e Giancarlo Tulliani, dunque la «suocera» (le virgolette valgono
perché non sono sposati) di Fini. Non risulta che la signora Frau, 63
anni, abbia una lunga esperienza nel campo televisivo, almeno non
nelle reti pubbliche. Così, scava scava, viene il dubbio che lei
compaia ufficialmente nei documenti ma dietro ci sia qualcun altro.

http://www.ilgiornale.it/interni/rai_milione_suocera_fini/fini-pdl/28-04-2010...

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Bocchino: «Epurato da Berlusconi» Il premier: «Con me è stato insolente» - Corriere della Sera

ROMA - «C'è stata una direttiva di Berlusconi durante Ballarò che
chiedeva la mia testa. C'è un evidente tentativo da parte di
Berlusconi in prima persona di arrivare a un'epurazione mia per
colpire l'area a me vicina». Lo ha detto Italo Bocchino conversando
con i cronisti alla Camera dopo aver presentato le sue «dimissioni
definitive» dalla carica di vice presidente vicario del Pdl.
Diversa l'interpretazione della vicenda che avrebbe dato lo stesso
premier durante la cena di mercoledì sera a Palazzo Grazioli con
alcuni parlamentari del Pdl. «Ho chiamato Bocchino l'altra sera quando
doveva andare a Ballarò. Con me è stato anche un po' insolente. Gli ho
detto che non si può andare in tv a fare sceneggiate coinvolgendo il
partito. Tutti nel Pdl devono capire che non si può sputtanare il
partito». Poi ha proseguito il capo del governo secondo quanto viene
raccontato all'agenzia Agi: «A volte mi verrebbe voglia di mollare
tutto, non si può passare tutta una giornata a discutere per questioni
di partito. Io ho un Paese da governare e problemi internazionali da
affrontare ed è deprimente perdere così tanto tempo per certe cose. Io
comunque non sono un irresponsabile e vado avanti. Sarà il partito ad
affrontare certe cose».

http://www.corriere.it/politica/10_aprile_29/bocchino-pdl-capogruppo-camera-l...

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martedì 27 aprile 2010

Pdl, battaglia sui vertici della Camera Bocchino: «Mi candido presidente» - Corriere della Sera

ROMA - «All'assemblea del gruppo presenterò la mia candidatura a
presidente contrapposta alla tua o a quella di altri». Lo ha
annunciato Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl alla Camera, nella
lettera di dimissioni inviata a Fabrizio Cicchitto. «Ciò - ha
precisato - non per distanza politica o personale da te, ma per
consentire alla minoranza di esercitare il suo ruolo, di verificare le
sue forze e conseguentemente di rivendicare gli spazi corrispondenti
al suo peso». Il destino del presidente del gruppo del Pdl è legato a
quello del vicario (simul stabunt, simul cadent) ed è «inevitabile» il
ricorso all’assemblea per rinnovare i vertici del gruppo parlamentare
alla Camera. Le dimissioni dell'uno dovrebbero comportare anche le
dimissioni dell'altro visto che sono stati eletti "in ticket". Questo
il senso della lettera che il vice presidente dei deputati del Pdl,
Italo Bocchino, ha inviato al capogruppo del partito a Montecitorio,
Fabrizio Cicchitto, riguardo «alla richiesta di mie dimissioni
reiteratamente avanzata dal presidenze Berlusconi attraverso te e
mezzo stampa». Bocchino ha precisato anche che le sue dimissioni da
vice saranno formalizzate nell’assemblea del gruppo da convocare al
più presto.

http://www.corriere.it/politica/10_aprile_27/pdl-cicchitto-dimissioni-bocchin...

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E Bettiza confessò: voto Lega - Corriere della Sera

«Se sogno la mia balia Mare, sogno in serbocroato. Se sogno le
Poljakove, madre e figlia, che mi ospitarono a Mosca quando Giulio De
Benedetti mi licenziò dalla Stampa e mi tolse casa, sogno in russo. Se
sogno Simone Veil, cui fui molto vicino all’Europarlamento, sogno in
francese. Ma se sogno mio padre, sogno in dialetto veneto».

http://www.corriere.it/politica/10_aprile_26/cazzullo-bettiza-confesso-voto-l...

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lunedì 26 aprile 2010

Quella bambina in camicia nera costretta a subire una lezione di odio - Corriere della Sera

GIULINO DI MEZZEGRA (Como) - Quest’anno si sono tirati dietro i
bambini. Come alla gita fuoriporta. Davanti al cancello della
fucilazione, a Villa Belmonte, c’è uno scricciolo con la maglietta
gialla, a stento arriva al muretto di cinta. Punta verso la croce dove
c’è scritto «Benito Mussolini, 28 aprile 1945» l’obiettivo del suo
Nintendo DS, quello con cui gioca normalmente a Super Mario. E c’è
lei, che avrà sei anni scarsi: le hanno infilato una camicetta nera,
calzato in testa il basco della Repubblica sociale, con il gladio e
l’alloro per stemma. Pure lei scatta foto, con una macchinetta
digitale. Pare di sentirla. «Dai zio, alza il braccio e sorridi,
eja-eja». Alle sue spalle una coppia attempata (papà e mamma? nonni?),
teschi sul cappello come comparse sbrindellate del «Salò» di Pasolini,
con accanto un bamboccione occhialuto coperto di gladi che pare un
puntaspilli (fratello maggiore?). Nella marmellata pop della
pacificazione nazionale, tra coriandoli d’identità dove le t-shirt
della Rsi vanno via online a nove euro «con logo prestampato», eccoci
quindi alla scampagnata di famiglia repubblichina.
Le immagini ci raccontano una giornata piena di sole che cozza con le
cupe icone di battaglia, una banalità del male che profuma di frittata
di maccheroni. Quelli di Giulino di Mezzegra ci hanno fatto il callo,
ogni anno è così per l’anniversario della morte di Mussolini. Sarebbe
il 28 aprile, ma in tre o quattrocento hanno anticipato alla domenica,
capirete: ci scappava la gitarella sui laghi e pazienza se i
partigiani dell’Anpi hanno preso storta la coincidenza col 25 e la
Liberazione.

http://www.corriere.it/politica/10_aprile_26/buccini_bambina_camicia_nera_f5c...

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Pdl-Fini: è guerra fredda - Fini, PdL, Berlusconi, guerra, Bondi, Calderoli, Lega - Libero-News.it

Gli indici alzati e le crisi di nervi archiviati. Gianfranco Fini pare giunto a più miti consigli dopo aver fatto la conta dei suoi. Quegli undici, teneri, voti a favore lo hanno calmato come avrebbe fatto lo Xanax. Eccolo lì, il rivoluzionario della destra, a moderare i toni e a schiarirsi la voce da Lucia Annunziata.  "Di scontato c'è una cosa:  l'assoluta lealtà nei confronti degli elettori e nei confronti di questo governo, mia e da parte di quelli che dicono Fini ha ragione, ma non è acquiescenza nei confronti di eventuali decisioni, che sono  rispettate soltanto se sono discusse e se sono motivate", ha detto a "In mezz'ora". "Parlare di voto anticipato è da irresponsabili, praticamente un'auto-denuncia del "fallimento" del governo", ha continuato, sorridente. Nei prossimi giorni tornerà ancora in televisione e oggi riunirà ancora i 'suoi' alla Camera. L’obiettivo "è far sentire la sua 'voce politica' dall’interno del Pdl. In vista - assicura - non c'è la creazione di nessun nuovo partito, né l'intenzione di logorare il governo con imboscate". Sarà: ma la marcia indietro di Fini è sospetta.

Lega e Pdl, per bocca di Sandro Bondi, fanno intanto sapere a Fini che se si dovesse comunque ricorrere alle urne sarebbe tutta colpa sua. E non sarebbe una mossa da irresponsabili, ma una strada obbligata per poter iniziare a pensare ale benedette riforme.



Il premier Berlusconi
per primo non è convinto. L'ipotesi "fuori Fini" è ancora nei suoi pensieri. Ma le colombe "pontiere", primo tra tutti Letta, lo stanno convincendo a far buon viso a cattivo gioco. Se Fini non dovesse mettersi di traverso più di tanto sulla via delle riforme, lo si potrebbe tollerare. Le elezioni, infatti, potrebbero non essere così facilmente spiegabili al popolo del Pdl, appena eccitato e caricato dalla vittoria alle Regionali. Il ricorso al voto sarebbe l'ennesima mossa da "partitocrazia", proprio quello che il centrodestra non deve rappresentare. 

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venerdì 23 aprile 2010

Anteprima Web - L'Ultima Parola.

YouTube - Berlusconi vs. Fini REMIX.flv

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YouTube - Marco Follini Story

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Bossi: Silvio, fai fuori Fini - lega, bossi, fini, berlusconi, pdl - Libero-News.it

Bossi: Silvio, fai fuori Fini

Ultimatum del leader del Carroccio: "Se resta, saremo soli, senza Berlusconi, l'alleanza col PdL è finita". L'ex An è "invidioso e rancoroso per le nostre ripetute vittorie, ha lavorato con la sinistra come un vecchio gattopardo". Berlusconi mollerà Fini per l'alleanza con la

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Bossi: ''Saremo soli, senza Berlusconi'' - IL SALVAGENTE - quotidiano on-line dei consumatori

La Padania annuncia per oggi anche un incontro tra Bossi e Berlusconi,
incontro che a giudicare dalle parole del leader del Carroccio sul
quotidiano non sarà semplice: "Finita la stagione del federalismo, un
concetto abbandonato, dobbiamo inziare un nuovo cammino, una nuova
stagione", dice Bossi.

"Saremo soli, senza Berlusconi. La nostra gente non digerirà
facilmente la mancata conquista del Federalismo. Noi, Lega, dovremmo
comportarci di conseguenza. Berlusconi, quindi, diventerà il vero e
unico baluardo anticomunista del Paese e prevedo che raccoglierà molti
consensi".

http://www.ilsalvagente.it/Sezione.jsp?titolo=Bossi%3A+%27%27Siamo+al+crollo+...

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E ora il Senatùr tuona: «L'alleanza col Pdl si avvia al crollo» - Corriere della Sera

ROMA - È un vero e proprio affondo contro il presidente della Camera
(oltre che un avvertimento al capo del governo) quello che Umberto
Bossi affida alle pagine della Padania all'indomani dell'infuocata
direzione del Pdl, teatro dello scontro diretto in pubblico tra Silvio
Berlusconi e Gianfranco Fini. «Siamo davanti a un crollo verticale del
governo e probabilmente di un'alleanza, quella di Pdl e Lega» tuona il
Senatùr, apostrofando il leader di Montecitorio come «invidioso e
rancoroso per le nostre ripetute vittorie». Bossi accusa Fini di aver
«rinnegato il patto iniziale» e di non aver fatto altro «che cercare
di erodere in continuazione ciò che avevamo costruito». Per il capo
della Lega, il presidente della Camera è «un vecchio gattopardo
democristiano» che «finge di costruire, per demolire e non muovere
nulla». «In questo modo ha aiutato la sinistra - incalza il numero uno
del Carroccio - , è pazzesco. Anzi, penso che sarà proprio la sinistra
a vincere le prossime elezioni, grazie a lui». Per Bossi «Fini è
palesemente contro il popolo del Nord, a favore di quello
meridionale», è «contro il nord e il federalismo. Per il centralismo
dello Stato e il meridionalismo». E ancora «Berlusconi avrebbe dovuto
sbatterlo fuori subito senza tentennamenti invece di portarlo in tv
dandogli voce e rilievo».

http://www.corriere.it/politica/10_aprile_23/bossi-crollo-verticale-governo_f...

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giovedì 22 aprile 2010

Crisi PDL Fini-Berlusconi: i commenti di Bersani (PD) e Di Pietro (IDV)

(IAMM) Tra i due litiganti gli altri... La crisi aperta all'interno
del PDL tra i due co-fondatori del partito Gianfranco Fini e Silvio
Berlusconi sul futuro del movimento è una questione tutta politica che
non può non raccogliere reazioni anche dall'opposizione.
Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico fa la sua
analisi sul governo Berlusconi:"dei 7 anni su 9 che hanno governato
noi non abbiamo visto nessuna significativa riforma nè economica, nè
istituzionale".
A differenza di questo Governo, continua Bersani, noi "i conti li
abbiamo risanati". Poi entra nel vivo della direzione PDL che
definisce "spettacolo indecoroso". Sul discorso di Gianfranco Fini:
"Fini ha sollevato contraddizioni profonde del PdL su temi e problemi
reali".
Anche Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori interviene sul
tema: "La minaccia di chi dice 'o ti adegui o si va al voto' è un vero
ricatto politico. Idv è vicino alle istituzioni e a chi vuole ridare
dignità al Parlamento".

http://www.italia-news.it/?lang=it&idcnt=35429

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BERLUSCONI A FINI “HO CONVINTO FAMILIARI A VENDERE ‘IL GIORNALE’” | Prima Comunicazione

ROMA (ITALPRESS) - “Ho convinto i miei familiari a vendere ‘Il
Giornale’. Io con il direttore non parlo da tempo, e comunque mi
sembra che le critiche piu’ forti nei tuoi confronti vengano da
‘Libero’ il cui editore e’ un nostro parlamentare Angelucci, proviene
da An e mi risulta essere un tuo amico”. Cosi’ Silvio Berlusconi
replica ad una delle critiche mosse dal presidente della Camera
Gianfranco Fini, nel corso del suo intervento alla Direzione nazionale
del Pdl. “Se c’e’ un imprenditore vicino a te che vuole entrare nella
compagine ben venga, io - ha aggiunto - ho dato incarico di trovare
sul mercato una catena di imprenditori”.

http://www.primaonline.it/2010/04/22/80031/berlusconi-a-fini-ho-convinto-fami...

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Fini: non lascio Camera, ne' partito - Politica - ANSA.it

(ANSA) - ROMA, 22 APR - ''Non ho nessuna intenzione di dimettermi
dalla presidenza della Camera. Ne' di lasciare il partito'. Lo ha
detto Gianfranco Fini. L'intenzione viene confermata anche dal suo
portavoce.Intanto i 22 finiani che si erano iscritti a parlare in
Direzione hanno ritirato la richiesta di intervento: 'dopo
l'intervento di Fini, la replica del premier ha concluso il dibattito.
In sostanza, spiegano fonti finiane, si ritiene raggiunto l'obiettivo
di aver costituito una minoranza nel Pdl.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2010/04/22/visualizza_new.ht...

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YouTube - Roma - Pdl, Berlusconi contro Fini, lite in diretta

YouTube - Roma - Pdl, Berlusconi contro Fini, lite in diretta

Berlusconi «sfratta» Fini dalla Camera: «Vuoi fare politica? Torna nel partito» - Corriere della Sera

ROMA - In quello che era stato presentato come il «giorno della
verità» all'interno del Pdl, il premier Silvio Berlusconi ha
praticamente dato lo «sfratto» a Gianfranco Fini dallo scranno di
presidente della Camera: «Se vuoi fare politica lascia quel ruolo
super partes e torna nel partito». Si è concluso così il momento di
massima tensione andato in scena alla direzione nazionale del partito,
durante la replica del Cavaliere alle parole pronunciate dal palco del
numero uno di Montecitorio.

http://www.corriere.it/politica/10_aprile_22/direzione-pdl-confronto-berlusco...

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POPOLO DELLA LIBERTA' DI CARPENEDOLO: Caro Fini, a chi giova la spaccatura con Berlusconi?

Caro Fini, a chi giova la spaccatura con Berlusconi? Proprio mentre è in corso la direzione nazionale del Popolo della Libertà pubblichiamo questo articolo dell'onorevole Maurizio Lupi pubblicato sul sito del Sussidiario (Paolo Spaziani) "....Sono ancora vivi gli echi dell’acceso diverbio televisivo con Italo Bocchino e Adolfo Urso avvenuto durante la trasmissione di Gianluigi Paragone “L’ultima parola”. Il video che lo documenta rimane a oggi uno dei più cliccati su youtube. Ed è proprio da questa constatazione che vorrei partire per giudicare quanto sta accadendo nella politica italiana e nel Pdl. Anzitutto una politica rissosa e urlata attira i tifosi, ma allontana i cittadini perché non si pone come servizio e non dà spazio alla centralità della persona e alla costruzione del bene comune. In una parola non è ciò che dovrebbe essere. Questo non significa che non debba esserci confronto, anche acceso se necessario, ma mai e poi mai deve venire meno il rispetto dell’altro e della sua storia. Valgono ancora i continui richiami del Presidente Napolitano per una politica che non veda nell’altro il nemico da abbattere, ma sia protesa alla costruzione del bene comune, all’interno di un contesto di reale “bipolarismo mite”. L’aspetto più grave infatti del dibattito non sono state le urla, che possono anche essere indice di passione politica, quanto il fatto che per sostenere una posizione si arrivi ad attaccare la mia radice, la mia storia, ciò che ho di più caro, Comunione e Liberazione, movimento ecclesiale di educazione alla fede. È infatti grazie alla propria storia e agli ideali che ciascuno vive che si possono costituire partiti e fare presenza politica. E la solidarietà che ho ricevuto da tantissimi colleghi è innanzitutto la stima nei confronti di una esperienza personale mia e di altri amici che in piena libertà e assumendosi la propria responsabilità continuano a vivere quella storia. In secondo luogo il dibattito interno al Pdl. Le posizioni espresse in questi giorni risultano alla maggioranza degli italiani incomprensibili, più legate a personalismi che non a questioni di fondo. Tanto che si è partiti dalla volontà di costituire gruppi autonomi per arrivare alla richiesta di poter esprimere e difendere le proprie idee, cosa non solo legittima, ma scontata. Incomprensibile anche perché il Governo è uscito rafforzato dall’ultima tornata elettorale nella sua leadership e nella sua alleanza. Ci aspettano quindi tre anni di governo nei quali procedere spediti verso la sfida del cambiamento e delle riforme. A partire da quelle già instradate, come il federalismo fiscale, il lavoro, la riforma dell’università. In terzo luogo il rapporto con la Lega. L’immagine che meglio sintetizza la forza di questo governo è l’abbraccio in piazza San Giovanni tra Berlusconi e Bossi. Non solo frutto di condivisione politica, ma anche di amicizia. Si è insieme per governare e l’alleato non è il tuo nemico, contribuisce con te all’attuazione del programma di governo. Il suo successo è anche il tuo. Il Pdl non può quindi tornare a essere un partito vecchio, un partito delle correnti che lo stesso Fini aveva definito come “metastasi della politica”. Il Pdl è un partito dove si incontrano storie diverse, ma unite da un’unica concezione della persona, della libertà, della responsabilità, della sussidiarietà. La ricchezza delle storie è parte integrante della sfida per applicare concretamente e tradurre questi principi in atti di governo. E in nessun modo inficia la concezione di fondo e gli ideali del Partito. Queste idee sono quelle che hanno caratterizzato l’attività del Governo Berlusconi e di cui gli anni di guida di Roberto Formigoni della regione Lombardia sono una traccia. Su questo saremo giudicati...". (di Maurizio Lupi - Vice Presidente della Camera dei Deputati)

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martedì 20 aprile 2010

Untitled

YouTube - Viaggio al Centro: il lato oscuro delle Coop rosse. http://ping.fm/r2eBl

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Telerisse. Italo dà di «fascista!» a Maurizio. Daniela rilancia l'epiteto contro Adolfo | Miradouro

L'ultima Parola. A guardare il talk show di Paragone i margini di convivenza nel Pdl sembrerebbero ristretti.
di Emanuele Costanti
Tratto da Il Riformista del 19 aprile 2010

«Squadrista! Fascista!» inveisce Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl, rivolto al vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Che, punto sul vivo della fede e della militanza vera, quella in Comunione e liberazione, svillaneggiata proprio da Bocchino («Voi di Cl siete i maestri della lottizzazione e vuoi venire a fare la morale a me?»), perde le staffe a sua volta e sibila: «Se la pensi così non ti riconosco più come presidente vicario del gruppo. Dimettiti». Basta? No, anzi: è un crescendo.

«Lupi stasera è il primo a dirci dimettetevi e andate fuori dal Pdl», ripete Bocchino almeno altre cinque volte, annunciando di essere pronto a farlo. Lupi un po’ cerca di smussare i toni, un po’ tiene botta, ma ormai la frittata è fatta. La frittata è andata in onda in diretta tv venerdì sera e anche se era l’una di notte rischia di avere conseguenze politiche a loro volta deflagranti. Non a caso, il commento più gentile registrato in casa berlusconiana ieri, a trasmissione vista e rivista (che Dagospia sparava in home page e che siti Internet e blog di ogni colore e area riproponevano semi-integrale), era lapidario: «Con questi qui mai più». E: «Se vanno via, è la fine di un incubo». Fino all’epitaffio scritto sul suo blog da Francesco Storace, leader de La Destra: «Bocchino che dà del fascista a Lupi è esilarante. Ora basta: staccate la spina».

Riavvolgiamo il nastro, invece, per capire. Siamo a L’Ultima parola, talk show politico condotto da Gianluigi Paragone che va in onda, di solito un po’ in sordina, nella seconda serata di Rai2 dal 15 gennaio scorso ogni venerdì e che, l’altra sera, ha fatto il botto pure in termini di audience (10, 5%). La puntata era dedicata al caso Berlusconi-Fini. Il parterre era così composto: Italo Bocchino e il viceministro Adolfo Urso, finiani doc, in collegamento da Roma, mentre nello studio di Milano Paragone sfoderava, oltre al mite Giuseppe Valditara (finiano), tre agguerriti berluscones: Lupi, Daniela Santanché, neo-sottosegretario, e Carlo Rossella.

Dopo il primo scambio di parole veloci e pesanti come pallottole, quelle tra Bocchino e Lupi, andava in scena un altro scontro, quello tra Urso e la Santanché. «Fini fa continui capitomboli, ovvio che il nostro popolo non lo segua», sibilava dura lei. «Zitta tu che ti sei venduta la coerenza per una poltrona!», ribatteva soave lui. «Mostra più rispetto, fascista!», la contro-replica. Né mancavano accuse e contro-accuse al fulmicotone tra la Santanché («Dentro An la concezione della democrazia di Fini era quella delle sopracciglia…») e Bocchino («Tu parli di lealtà?! Fai ridere»).

Poteva rimanere indenne il conduttore? No. Bocchino e Urso lo accusano per tutto il tempo di aver costruito una puntata ad arte contro le scelte di Fini, nell’uso dei sondaggi come nella ricostruzione del caso. Paragone reagisce a brutto muso, specie contro Urso («Si dia una calmata!»), ma anche contro Bocchino, che lo accusa di essere «un servo di Bossi in Rai». Il conduttore, che in effetti non deve avere in grande simpatia Fini, chiude con un vaticinio facile: «Sembrate due partiti già separati. Ho l’impressione che la prossima volta racconteremo la storia di una scissione»

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«I Fini-boys parlano come Di Pietro» - Interni - ilGiornale.it del 18-04-2010

Uno scoop televisivo a tarda notte. L’Ultima parola, il talk show del venerdì sera, s’è trasformato in un ring dove le due anime del Pdl se le sono date di santa ragione. Il conduttore, nonché vicedirettore di Raidue, Gianluigi Paragone ha registrato un ottimo successo di ascolti, ma il giorno dopo resta anche l’imbarazzo di chi ha assistito a uno scadimento del confronto politico con Maurizio Lupi e Daniela Santanchè insolentiti dai colleghi finiani.
Paragone, i suoi ospiti Bocchino e Urso, a corto di argomenti, non hanno risparmiato nemmeno il conduttore e le hanno rinfacciato il suo passato di direttore della «Padania».
«Certi ambienti politici vicini a Fini nei confronti della Lega hanno le medesime reazioni del toro quando gli si mostra un drappo rosso. Forse si aspettavano un diverso risultato elettorale: una sconfitta della Lega in Piemonte e di Berlusconi nel Lazio. E invece... Comunque io ho in tasca solo la tessera dell’Ordine dei giornalisti anche se non rinnego nulla del mio passato».
I due finiani hanno trasceso anche nei confronti di Lupi e di Santanchè. Eppure, a differenza di altre puntate de «L’ultima parola», lei è stato meno provocatorio.
«Volevo capire l’origine del loro malessere, l’origine della loro richiesta di discontinuità che ricorda tanto i tempi di Follini. Urso ha sbagliato alcune uscite e ha cercato di escludere dal discorso Santanchè interpellando direttamente Lupi. Dispettucci che dimostrano come non ci siano ragioni politiche alla radice del dissenso e come sia stata mal tollerata la nomina di Santanchè a sottosegretario».
Toni pesanti anche nei confronti del vicepresidente della Camera.
«Un conto è mettere in discussione l’identità politica di Lupi, un altro metterlo in discussione come persona. Politicamente Lupi è del Pdl e come tale si può criticare, ma la sua fede non può essere utilizzata come pretesto polemico. Questo atteggiamento ha infastidito anche me».
Ha avuto risposte politiche?
«Da cronista politico dico di no. È un posizionamento di potere. Il risentimento politico nei confronti di Santanchè, Lupi e della Lega è stato il pretesto per fare casino. Le stesse accuse di Bocchino nei confronti delle presunte lottizzazioni di Cl se fondate, dovrebbero determinare l’immediato ritiro dell’appoggio alla giunta lombarda guidata da Roberto Formigoni che appartiene all’area Cl. Così avevano parlato solo Di Pietro e Travaglio».
Nemmeno da spettatore s’è dato una risposta?
«Nessuno ha capito perché debbano fare gruppo a sé. Qual è il problema? Bossi? Tremonti? Berlusconi? È un asse che funziona, mentre la cittadinanza breve per gli immigrati non è una priorità. Vuol dire che i piccoli imprenditori del Nord continueranno a rivolgersi alla Lega per le loro istanze».
È sorprendente che si sia scatenata una bagarre quando tutti i suoi ospiti, a eccezione del giornalista Carlo Rossella, erano del Pdl.
«Una parte di An non ha voluto condividere il percorso del Pdl. Qualora non ci fosse la rottura, cosa farebbero i finiani? Si mettono a recitare la parte della suocera dispettosa nei confronti di Berlusconi?».
A dire il vero una provocazione l’ha fatta: ha mostrato la prima pagina del «Giornale» di ieri a Bocchino...
«Visto che eravamo in diretta ho chiesto a tutti i maggiori quotidiani di mandarci la prima pagina, ma hanno risposto solo

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lunedì 19 aprile 2010

L'ULTIMA PAROLA - PDL ALTA TENSIONE - LUPI - BOCCHINO - SANTANCHE' - 1/ 3

Clamorosa RISSA ed URLA in tv Bocchino-Lupi-Urso-Santanchè. Il tramonto del governo Berlusconi?

Il problema è politico. Le poltrone non ci interessano | Generazione Italia

Il problema è politico. Le poltrone non ci interessano

di Italo Bocchino

La soluzione ai problemi interni al Popolo della Libertà segue un sentiero assai stretto. È del tutto errata la lettura di chi scorge dietro l’iniziativa di Gianfranco Fini una richiesta di nuove e più poltrone all’interno del Governo e/o di un nuovo assetto del partito che, ricordiamolo, Fini ha co-fondato.
Il problema è soprattutto politico. Quello che noi chiediamo è innanzitutto una svolta sulle questioni economiche e sociali. Riteniamo Giulio Tremonti il miglior Ministro dell’Economia dei paesi occidentali, capace di coniugare rigore nei conti e credibilità internazionale a un Paese che ha il terzo debito pubblico del globo. Il problema è un altro. Di quello che resta in cassa, nella disponibilità dell’Esecutivo, noi vorremmo sapere quanto e come viene speso. Soprattutto vorremmo sapere chi decide come si spendono i soldi degli italiani e come si forma tale decisione. Ad oggi ci sembra indiscutibile una forte trazione leghista nelle scelte fondamentali per la nostra economia, ovvero per il futuro dell’Italia.
Noi abbiamo delle idee in merito, e vorremmo un luogo, una sede dove poterne discutere, sia con Tremonti, sia con gli alleati, sia nel nostro (sottolineo) partito. Vogliamo che si discuta di un nuovo ed epocale Piano Sud. Che non deve essere un nuovo piano di spesa pubblica assistenziale e quindi inutile. Il Sud non si aiuta con più soldi, ma con una rinnovata attenzione normativa, con infrastrutture strategiche, con un investimento in formazione e – conseguentemente – in legalità. Se vogliamo davvero distruggere la criminalità organizzata, dobbiamo valorizzare le risorse che al Sud ci sono e lanciare la sfida del sapere. Il Sud non è un problema solo del Sud. Il Sud – come dicono tutti gli osservatori nazionali e internazionali – è un problema dell’Italia intera.
Poi c’è il problema del rapporto con la Lega. Attenzione, la Lega non è un problema, anzi. La Lega fa il suo mestiere. Noi dovremo fare il nostro. E invece il partito di Bossi è sovra rappresentato rispetto ai voti che ha, mentre il Pdl non riesce a far pesare i milioni di voti che raccoglie da Bolzano a Siracusa. Su questo dato “politico” pesa il ruolo di Silvio Berlusconi, allo stesso tempo leader del Pdl, Capo della coalizione e Capo del governo. E tra le tre cose, lui sceglie nell’ordine di priorità prima il Governo, poi la coalizione e solo alla fine il partito. È un dato “politico” che noi vogliamo discutere perché vogliamo dare maggiore forza al nostro partito. Nient’altro.
Infine ci sono questioni personali che non possiamo più nascondere. Gianfranco Fini, con il suo ruolo di co-fondatore del Popolo della Libertà, ha portato nel nuovo partito una storia lunga mezzo secolo, una cultura politica forte e un patrimonio umano ed elettorale che non può essere sminuito. Gianfranco Fini non può essere trattato come un dirigente di partito qualsiasi o come un mero uomo delle Istituzioni. Non vanno bene le cene del lunedì, che hanno dato l’impressione di un’agenda di governo dettata esclusivamente dalla Lega. E va ancor meno bene il killeraggio mediatico messo in atto da “Il Giornale” contro Fini.
Sono tutte questioni che Silvio Berlusconi deve affrontare e risolvere nei prossimi giorni per evitare che si giunga davvero a una rottura che può comportare diversi scenari, dalla divisione del Pdl, con la costituzione di una maggioranza e di una minoranza interna, fino al rischio oggettivo della creazione di gruppi parlamentari autonomi che sancirebbero il fallimento politico del Popolo della Libertà.

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venerdì 16 aprile 2010

"Fini se ne va": ecco il promo!

Berlusconi: «Fini desista, continuiamo a lavorare insieme» - Corriere della Sera

ROMA - Ai giornalisti che attorno all'ora di pranzo, nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, gli chiedono delle tensioni all'interno del Pdl, Silvio Berlusconi dice semplicemente che ci sono «piccoli problemi nel partito». Ma a distanza di poche ore diventa chiaro che i piccoli problemi tanto piccoli non sono: «Gianfranco Fini ha deciso di andare via dal Pdl e l'ha deciso da tempo. Se vuole fare dei gruppi autonomi, faccia pure, ma così facendo è fuori dal Pdl». E ancora: «A Fini ho fatto veramente la corte, ho cercato di capirlo, ma è lui a voler gruppi separati».

«NON SONO IO A VOLER ROMPERE» - Le parole del Cavaliere sono trapelate dall'ufficio di presidenza del partito da lui stesso convocato per quelle che erano state definite come «comunicazioni urgenti» dopo il faccia a faccia di giovedì con il presidente della Camera. Tra i due cofondatori del partito, in ogni caso, resta il gelo. E se l'ex capo di An aveva detto di confidare in un chiarimento nel corso della riunione della direzione generale di giovedì prossimo, il Cavaliere ha deciso di giocare di anticipo e di chiamare già oggi attorno a sé il vertice pidiellino. Il summit dello stato maggiore del centrodestra è ancora in corso, ma dalle agenzie di stampa trapelano le prime indiscrezioni. «Ho tentato di convincere Fini, ma lui vuole fare i gruppi separati» avrebbe detto Berlusconi parlando ai principali esponenti del partito. «Questo - ha detto - è quanto è successo, ora fate voi le considerazioni». Il presidente del Consiglio ha poi replicato ad ogni intervento spiegando appunto, di non essere lui a voler rompere. «Io voglio solo le riforme», ha detto secondo quanto viene riferito. Inizialmente il cavaliere aveva esordito spiegando che «il Governo non è a guida leghista e non è assolutamente nelle mani di Tremonti», come invece gli era stato rinfacciato da Fini.

NUOVO INVITO A FINI: «DESISTA, LAVORIAMO INSIEME» - In serata il Presidente del Consiglio ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha rivolto un nuovo invito a Fini di desistere dall'idea di creare gruppi autonomi per continuare a lavorare: «C'è grande volontà di continuare insieme. Il governo va avanti comunque. Quella del voto anticipato è un'eventualità che vogliamo scongiurare».

L'UFFICIO DI PRESIDENZA - La convocazione dell'ufficio di presidenza - di cui fanno parte 37 membri tra cui lo stesso Berlusconi e i tre coordinatori Bondi, La Russa e Verdini, ma non ad esempio Gianfranco Fini - sembra insomma essere stato il modo per ufficializzare una volta di più lo stato di tensione. Questa mossa ha spiazzato i finiani. Stamane, alcuni di loro- tra cui Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Flavia Perina e Adolo Urso - alla spicciolata hanno visto Fini attorno all'ora di pranzo.

FINI FIDUCIOSO - Quasi in contemporanea all'annuncio della convocazione dell'ufficio di presidenza (prevista per le 16), le agenzie avevano diramato una dichiarazione di Gianfranco Fini che parlava in positivo della convocazione per giovedì prossimo della direzione nazionale del Pdl (un organismo composto da 171 membri) allargata ai gruppi parlamentari: «E' sul piano del metodo, una prima risposta positiva ai problemi politici che ho posto ieri al presidente Berlusconi» ha detto il numero uno di Montecitorio. «Mi auguro - ha aggiunto - che a partire dalla riunione, cui parteciperò, possa articolarsi una risposta positiva anche nel merito delle questioni sul tappeto, a cominciare dal rapporto tra il Pdl e la Lega».

ERA GIA' IN PROGRAMMA - Tuttavia ambienti del Pdl fanno sapere che la direzione nazionale era già stata convocata nel quadro della consultazione degli organi di partito decisa dopo le regionali. Come dire : non è una conseguenza delle richieste di chiarimento avanzate dall'ex leader di An. Dopo l'ufficio di presidenza dei giorni scorsi doveva riunirsi anche il Consiglio nazionale, ma dato il numero dei componenti del «parlamentino» Pdl, circa mille tra parlamentari e rappresentanti ai diversi livelli locali, si è data priorità alla direzione, decisamente più «asciutta».

BOSSI PESSIMISTA - Il leader della Lega, Umberto Bossi, dopo aver consigliato al Cavaliere di «trattare» con Fini («Farebbero bene a non strappare e a trovare l’accordo») osserva dall'esterno. E prevede foschi risvolti per il governo: «Quale scenario? Se le cose non si rimettono a posto ci sono le elezioni». E poi aggiunge: «Non ho certezze ma temo che la cosa non si rimetterà a posto...». Ma è stato lei a fare arrabbiare Fini?, hanno insistito i cronisti. Bossi si è limitato ad agitare un pugno come a voler colpire scherzosamente chi gli aveva rivolto la domanda.

La prima pagina del «Secolo d'Italia»
La prima pagina del «Secolo d'Italia»
IL SECOLO: SERVE UNA «RUPTURE» - Che quelle in atto non siano semplici scaramucce verbali lo conferma la minaccia di costituire gruppi autonomi in Parlamento da parte degli ex di An rimasti fedeli a Fini. E lo certifica anche il Secolo, l'ex quotidiano di An oggi considerato vicino alle posizioni del presidente della Camera, che sottolinea come «nel gioco a carte scoperte che ieri si è aperto nel Pdl, dopo un anno di schermaglie e mezze verità, c'è un elemento poco valutato dei media e che invece conta moltissimo: la sensazione che senza un atto di "rupture", di autentica discontinuità nel modus operandi del partito e della maggioranza, i prossimi tre anni possano segnare la fine della storia della destra italiana, sostituita da un generico sloganismo e dall'ottimismo dei desideri in luogo dell'antico ottimismo della volontà».

La prima pagina del «Riformista»
La prima pagina del «Riformista»
GLI SCENARI - Resta dunque da vedere se le «comunicazioni» di Berlusconi saranno propedeutiche alla riappacificazione tra i due, che potrebbe dunque essere sancita dalla direzione nazionale, o se, piuttosto, non si riveleranno una mossa da contrattacco: la decisione di mettere subito le cose in chiaro da parte del premier, che nei retroscena raccolti dopo l'incontro di Fini aveva quasi auspicato una resa dei conti finale. Un divorzio annunciato, secondo molti (e secondo la prima pagina del Riformista, che fa un richiamo diretto al caso Veronica). Il Velino, l'agenzia di stampa che ha come editoriale Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, scrive che «le prospettive di una ricucitura restano vacillanti. Il clima resta segnato da tensione e incertezza». Mette tuttavia le mani avanti e cerca di ammonire sui rischi di gesti avventati il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, secondo cui Berlusconi e Fini «troveranno la quadra». Anche perché, fa notare, «l'elettorato del Pdl non ci perdonerebbe scissioni. Il nostro dovere è quello di realizzare il programma di governo».

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lunedì 5 aprile 2010

YouTube Video - Gianluigi Paragone, "Vieni Avanti, Padania"

Aldo Grasso: Un Paragone scontato contro Santoro - Corriere della Sera

Si è tolto qualche sassolino dalla scarpa. Sassolino? Sembravano pietre, macigni. Gianluigi Paragone ha iniziato il suo talk irridendo Michele Santoro (che lo aveva chiamato «il povero Paragone»): nonostante le vostre trasmissioni di successo, la sinistra ha perso, come la mettiamo? Ve lo volete mettere in testa che ai numeri dell’audience non corrispondono quelli dei voti? Non avere capito che esiste una bella differenza tra la piazza virtuale e quella reale? (Raidue, venerdì, ore 23.05).

Terminato lo sfogo contro «i salotti radical chic e il fighettismo», Paragone ha dato la parola ai suoi ospiti: il ministro Luca Zaia, l’onnipresente Maurizio Belpietro, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, Leoluca Orlando, Francesco Storace.
Per una sera, Paragone ha camminato su una nuvoletta: ha irriso i programmi tv che prendevano in giro Umberto Bossi, ha riproposto vecchie campagne elettorali della Lega, ha continuamente sottolineato la differenza tra circo mediatico e radicamento sul territorio. Voleva persino difendere gli operai di Termini Imerese, con cui era collegato, ma ci sono state non poche incomprensioni tanto che è dovuto intervenire un vecchio democristiano come Orlando a far da paciere.

Chi vince (le elezioni) ha sempre ragione, ma se Paragone vuol migliorare «L’ultima parola» deve fare qualche sforzo in più, rendere il talk meno scontato e noioso. Stiamo parlando di come governare la popolarità, non di governo del popolo.

Aldo Grasso
04 aprile 2010(ultima modifica: 05 aprile 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’ALTRO SUD CHIEDE LA SOSPENSIONE DELLA TRASMISSIONE “L’ULTIMA PAROLA” - Cancello ed Arnone News

NAPOLI, 5/4/2010. Lo scorso 2 Aprile è andata in onda su Rai 2 la trasmissione “l’ultima parola”, condotta dall’ex direttore de “la Padania”, Gianluigi Paragone.

La trasmissione, pervasa da un profondo spitito antimeridionale, descrive il Mezzogiorno esclusivamente come luogo di inefficienze, sprechi, ruberie, corruttele, ledendo la dignità di quei milioni di persone oneste che ne sono maggioranza.

Il movimento politico L’ALTRO SUD, considera scandaloso che sulle reti del servizio pubblico vadano in onda trasmissioni così profondamente ostili ad una parte del paese e intraprenderà nei prossimi giorni ogni possibile iniziativa per chiedre al CdA della Rai la sospensione della trasmissione.

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giovedì 1 aprile 2010

Il Carroccio dai giri in Ape al 13% «Buttiamo giù il muro emiliano» - Corriere della Sera

REGIONALI 2010- LA LEGA

Il Carroccio dai giri in Ape al 13% «Buttiamo giù il muro emiliano»

Il segretario Alessandri: gli operai ci fischiavano, poi ci hanno ascoltati

DAL NOSTRO INVIATO

Angelo Alessandri (Imagoeconomica)
Angelo Alessandri (Imagoeconomica)
REGGIO EMILIA — «All'inizio venivano solo pazzi furiosi. Commercianti rapinati, eccentrici, artisti, vecchi bastiancontrari di paese, ragazzi che volevano fare la rivoluzione. Io ero tra questi. Avevo 18 anni e volevo fare la mia rivoluzione: abbattere il Muro del comunismo emiliano». Sono le sei di sera, e come d'abitudine nel centro di Reggio in giro non c'è un reggiano; solo stranieri. Angelo Alessandri ora di anni ne ha 40. Da nove è il capo della Lega emiliana, che ha portato dal 3 al 13%. Come premio, Bossi gli ha dato la presidenza della Lega Nord, di cui l'Umberto è segretario. Qui a Reggio, la città più comunista dell'Occidente, la città dei morti che escono dalla fossa a cantare Bandiera Rossa, la Lega è al 15. Quando si candidò sindaco, Alessandri prese il 19. «Il motivo è proprio questo: a Reggio non ci sono più i reggiani — dice Alessandri —. Non è stato il destino, ma una strategia precisa. Divieti d'accesso, vigili incaricati di multare a raffica, parcheggi a pagamento ovunque, negozi e bar che chiudono; e centri commerciali che aprono. Li costruiscono le cooperative, all'interno la grande distribuzione è controllata dalla Coop-Nord Est, con le leggi Bersani sono arrivati pure le pompe di benzina e i panettieri. Hanno spopolato le piazze con i campanili e le torri, tagliato le radici, negato una grande tradizione popolare. Vogliono farci dimenticare chi siamo. Il resto l'hanno fatto con l'immigrazione, che spersonalizza il lavoro, mescola tutto, crea paura. E la paura non è solo una percezione. Altrimenti perché non c'è nessuno per strada? Con l'indulto hanno liberato i delinquenti, e gli emiliani si sono rinchiusi dietro le inferriate, con i cani da guardia e i sistemi d'allarme, prigionieri in casa propria. Abbiamo una notte bianca da centomila persone e 364 notti nere».

Racconta Alessandri che «qui il Partito rosso è dappertutto. Se non sei con loro non lavori. Io ero artigiano, risanavo i muri dall'umidità; quando ho cominciato a frequentare la Lega mi hanno tolto tutte le commesse, più di un parente mi ha tolto pure il saluto. Nell'89 son dovuto andare a Milano per prendere la prima tessera; la Lega emiliana non esisteva ancora». Come l'avete costruita? «Per prima cosa siamo andati dai commercianti, dagli artigiani. Poi dai soci delle cooperative. Quindi nelle fabbriche, ovunque ci fosse una vertenza aperta: alla Tecnogas, alle ex Reggiane. All'inizio gli operai ci facevano correre. Poi si limitavano ai fischi. Alla fine hanno cominciato ad ascoltarci. Erano stanchi sia della contrapposizione ideologica con il “padrone”, sia della moderazione salariale. Come dice un nostro operaio, “a furia di concertare, ti ritrovi incinto”. Con Rosy Mauro, che adesso è vicepresidente del Senato, arrivammo su un'Ape ai cancelli della Lombardini, la fabbrica delle Br, un posto dove gli operai che lavoravano nei giorni di sciopero venivano filmati con le telecamere e “sistemati”. Un mese dopo avevamo fatto eleggere nel sindacato interno il primo delegato padano». La Lega in Emilia è nata attorno a gruppi di «pazzi furiosi». Come i fan del Festival del soul di Porretta Terme, dove veniva a suonare Bobo Maroni con i Distretto 51; adesso a Porretta il ministro dell'Interno è consigliere comunale, al posto di Manes Bernardini divenuto capo della Lega a Bologna (9,6%). Il nucleo forte è quello dei colli piacentini, una terra di solito considerata prossima alla Lombardia ma in realtà molto emiliana, dall'accento ai tortelli; semplicemente, nell'estrema provincia, lontano dai centri di spesa e dalle capitali del modello emiliano, la politica delle radici e dell'identità ha attecchito bene. Così a Bobbio, il paese dell'abbazia, il Carroccio ha il 49%, nel delizioso borgo medievale di Castell'Arquato il 30, a Bettola il paese di Bersani il 35. A Reggio Emilia, ovviamente, è stata più dura. Ma ora a Viano, sulla collina sopra Scandiano — dove decine di Prodi sono nati e si ritrovano a festeggiare i compleanni — la Lega ha conquistato il sindaco: Giorgio Bedeschi prese la prima volta il 13%, poi il 26, ora il 52. I primi dieci parlamentari leghisti furono eletti in Emilia nel '94, quando Bossi strappò a Berlusconi gran parte dei collegi del Nord; ma quando il governo cadde, in otto andarono con Forza Italia e restarono soltanto in due, tra cui Giorgio Cavitelli, storico sindaco monocolore di Busseto, culla di Verdi.

«A Guastalla, il paese nella Bassa Reggiana dove sono nato, eravamo in sessanta — racconta Alessandri —. Dopo la rottura con Forza Italia, rimasi solo. Andavo ad aprire la serranda della sede, in corso Garibaldi, e aspettavo: non arrivava nessuno. Ricominciai con i banchetti in piazza». «Bossi era venuto per la prima volta in Emilia nel '91. Parlò a Luzzara, nella sala che oggi è dedicata al figlio più illustre del paese, Cesare Zavattini. Zavattini è sempre stato il mio mito, insieme con Guareschi e Gianni Brera, il primo a parlare di Padanìa, con l'accento sulla “i”. Bossi ci disse che dovevamo portare pure sotto il Po il vento del cambiamento. Sembrava pazzia, ma ora ci siamo, il traguardo è a un passo». Nel frattempo Alessandri ha fatto carriera: parlamentare dal 2006, è presidente della Commissione Ambiente e Lavori pubblici della Camera. Ma il suo sogno, racconta, resta la «liberazione» della sua terra. «Il modello emiliano è finito. Continuano a tediarci con la retorica degli asili più belli del mondo, e intanto hanno privatizzato i servizi primari, come in Russia. A Reggio avevamo le municipalizzate dell'acqua, del gas, della luce. I padroni eravamo noi, prendevamo le decisioni — una testa un voto —, gli utili venivano reinvestiti sul territorio e le tariffe erano le più basse d'Italia. Poi hanno fatto le multiutilities, quindi le spa. Non ci hanno consultati né risarciti. E paghiamo acqua, gas e luce il doppio o il triplo di prima». Dice Alessandri che «la Lega vuole costruire il nuovo modello emiliano. Dal basso. A partire dai piccoli. Microimprese, artigiani, agricoltori: gente stufa del Partito rosso e soffocata dalla banche, con cui va scritto un patto che dia ossigeno ai ceti produttivi. E poi basta costruire: l'Emilia è già abbastanza devastata; eppure a Reggio vogliono fare altre 15 mila case, quando ce ne sono 12 mila invendute. Coinvolgeremo i cittadini: raccomando sempre ai nostri sindaci di tenere i consigli comunali nelle frazioni, di andare due volte la settimana a prendere il caffè con l'intera giunta a casa degli elettori. La nostra fortuna è che l'Emilia è già federalista. Da sempre. Ducati e signorie, gli Estensi e i Gonzaga, i Farnese e i Bentivoglio, i legati pontifici a Bologna e il duca di Modena con il Bucintoro che di canale in canale scendeva sino all'Adriatico; popoli diversi, eppure abituati a convivere. Stavolta Errani ha ancora vinto, sia pure con 10 punti in meno del 2005, perché difende e garantisce il vecchio sistema. Senza Errani, la prossima volta il Muro verrà giù».

Aldo Cazzullo
01 aprile 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

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